Archivio dell'autore: caprenne

Bangkok love story (Thailandia, 2007)

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Regia e sceneggiatura Poj Arnon

La Thailandia sta discutendo in questi giorni l’approvazione di un progetto di legge per introdurre il matrimonio ugualitario, seconda nazione asiatica dopo Taiwan, e lasciando l’Italia ancora più distaccata, non solo in Europa ma anche in Asia. Nonostante in Thailandia sia al potere una monarchia militar-autoritaria l’atteggiamento verso le tematiche ugualitarie è sempre stata più seria rispetto a chi, per molti anni, ha coltivato atteggiamenti derisori e superficiali, tipo ad esempio lo squallido “Vizietto”. Prova ne sia il bellissimo film “Bangkok love story”, datato 2007 e sembra prodotto già prima del più famoso “Brokeback mountain”, al quale è stato paragonato per l’intensità e la drammaticità della storia.

Come coprotagonista è stato a suo tempo scelto l’attore e modello Chaiwat Tongsang (Iht), del quale sarà il caso di pubblicare una foto per rendere giustizia alla sua avvenenza.

Il titolo del film letteralmente significa Amico mio… confesso di amarti; è un film che narra, all’interno d’una situazione di criminalità altamente drammatica, la romantica storia d’amore d’un uomo che s’innamora d’un altro uomo: per l’esattezza di colui che dovrebbe uccidere.
Inizialmente (in fase di pre-produzione) ad innamorarsi del killer Maek doveva essere un poliziotto ma, a seguito di proteste della polizia reale tailandese il personaggio di Iht è stato parzialmente modificato, nel timore che il film non potesse superare il consiglio della censura che comprende anche i capi della polizia di stato.
Entrambi gli attori protagonisti sono eterosessuali, ma hanno accettato subito il ruolo propostogli come sfida per dimostrare le loro capacità: Rattaballang (Maek) ha semplicemente dichiarato che impersonare un personaggio gay è stato per lui un onore e fonte d’orgoglio.
I baci tra i due per insistenza del regista sono tutti perfettamente reali e non il risultato d’un montaggio.
Nota: Maek, il nome del protagonista, suona simile al thailandese Mæ̀, mamma.

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Shubh mangal zyada saavdhan – Stai bene attento al matrimonio (India, 2020)

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Shubh mangal zyada saavdhan è un film romantico in lingua gujarati e hindi del 2020, scritto e diretto da Hitesh Kewalya.
Shubh mangal zyada saavdhan racconta una storia semplice, una storia che in effetti molti film di Bollywood hanno già raccontato: una coppia innamorata, il desiderio di sposarsi e l’opposizione dei genitori, di solito da parte del patriarca. La novità consiste però nel rovesciamento di prospettiva: viene capovolto l’orientamento sessuale dei personaggi, e quindi il punto di vista della storia. In una tipica storia d’amore di Bollywood tutto ruota intorno alla soluzione del conflitto con una persona o con il sistema, nel caso di Shubh mangal zyada saavdhan il conflitto è superato e si lotta per vincere la mentalità ampiamente diffusa sia tra i protagonisti che nel pubblico. Talmente diffusa che sembra una rivoluzione la sentenza della Corte Suprema indiana che alla fine del film dichiara non essere reato l’omosessualità: di questo per ora si devono accontentare gli indiani.

Proprio per il suo registro di assoluta “normalità” il film ha avuto un grande successo presso il pubblico popolare, ricevendo anche molti premi. Essendo un tipico prodotto di Bolliwood contiene naturalmente pregevoli inserti di canzoni con danze, oltre ad un vertiginoso intreccio di vicende di personaggi minori. Anche per questo ritengo opportuno inserire una sorta di trama estesa, che può aiutare a districarsi nelle varie vicende.

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Bungee jumping of their own (Corea, 2001)

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Titolo coreano: 번지점프를 하다 – Beonjijeompeureul hada
Regia: Kim Dae-seung
Sceneggiatura: Go Eun-nim

In questi giorni a Firenze è in corso l’annuale festival del cinema coreano (KFF https://koreafilmfest.com/) e tra gli altri film è prevista la proiezione di Bungee jumping of their own (2001), con la presenza del protagonista Lee Byung-hun. Quando l’ho visto diversi anni fa il film mi ha molto impressionato ed è rimasto uno dei miei preferiti: se non l’ho condiviso sul blog è stato perché fin dal 2005 esisteva una traduzione dei sottotitoli su Asianworld e l’ho ritenuto superfluo. Avendolo oggi reincontrato nel programma del KFF ho pensato che fosse venuto il momento di rilanciarlo, anche attraverso una revisione del testo dei sottotitoli, con l’utilizzo dei nuovi strumenti ora a disposizione. Quindi sono partito dalla traduzione di AW e dal testo inglese che allora ha fatto da base, aggiungendo una traduzione simultanea tramite i traduttori attuali. In effetti ho riscontrato diverse discrepanze fra il testo inglese e i dialoghi in coreano, per cui spero di aver raggiunto un risultato utile.

A parte l’innegabile qualità artistica, il film ha un grande valore sociale, per aver affrontato nel 2001 la tematica omosessuale in una società ancora oggi fortemente sessuofobica e omofobica quale quella coreana. A riprova di questo nel 2021 è stato annunciato il ritiro del previsto remake del film, a causa di preoccupazioni da parte dello sceneggiatore originale Go Eun-nim. Lo sceneggiatore si è opposto al remake a causa delle sue nuove convinzioni cristiane, che sono contro il tema dell’omosessualità, del suicidio e della rinascita, punto principale della trama del film!

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Ultimi 4 lieder – di Richard Strauss (1948)

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soprano: Anja Harteros
orchestra: Frankfurt Radio Symphony
direttore: Andrés Orozco-Estrada
durata: 29 minuti    registrazione:  2018

Richard Strauss morì nel 1949 a 85 anni e questi lieder rappresentano in qualche modo il suo congedo dalla musica e dalla vita. Si potrebbero forse considerare come l’ultimo gesto della grande musica romantica, la cui stagione si chiude gloriosamente mentre già la musica atonale dominava tra i compositori di allora.
Come gli altri Lieder di Strauss, anche questi, il cui contenuto esprime una profonda meditazione sulla vita e sulla morte, sentita ormai prossima, sono dedicati alla moglie Pauline Strauss-De Ahna e sembrano composti per la sua voce, nonostante il soprano non potesse più interpretarli a causa dell’età avanzata. Alla fedele compagna di una vita, che morì il 13 maggio 1950, meno di un anno dopo la morte del marito, sembrano dedicati i versi iniziali di Im Abendrot che recitano:
Tra affanni e gioie
siamo andati mano nella mano;
dei vagabondaggi assieme ci riposiamo
ora in luogo tranquillo.

Il ciclo è costruito su 4 testi di poeti tedeschi cari a Strauss, i primi tre di Hermann Hesse, l’ultimo di Joseph Freiherr von Eichendorff.
1. Frühling («Primavera»)
2. September («Settembre»)
3. Beim Schlafengehen («Andando a dormire»)
4. Im Abendrot («Al tramonto»), il primo ad essere composto, nel 1946.

Nei quattro Lieder una musica evocativa descrive un vero e proprio viaggio interiore che dal miracolo di una primavera ritrovata in Frühling conduce, attraverso la malinconia di September e la contemplazione di un cielo stellato di Beim Schlafengehen, all’ultimo brano Im Abendrot, nel quale la fine di un viaggio inteso come metafora della morte sembra annunciare la prossima fine dei due coniugi, legati indissolubilmente nella vita come nella morte. In quest’ultimo brano, in cui emerge l’immagine di due amanti ormai stanchi di vagare e già proiettati nella visione di una pace profonda, Strauss citò un tema del suo poema sinfonico, “Morte e trasfigurazione”, del quale Im Abendrot condivide l’attesa serena della morte.

Qui i testi completi con la traduzione ( https://www.flaminioonline.it/Guide/Strauss/Strauss-Vierletzte-testi.html )
Per una critica più approfondita un commento di Sergio Sablich ( https://www.sergiosablich.org/richard-strauss-vier-letzte-lieder-quattro-ultimi-lieder/ )

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Trudno byt bogom – Difficile essere un dio (Russia, 2013)

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Nella ricorrenza del primo anniversario della criminale aggressione russa alla nazione Ucraina vorrei proporre un film russo destinato a segnare la storia del cinema per l’altissima qualità narrativa ed estetica.
Il film in questione è Trudno byt bogom (Difficile essere un dio) del 2013, diretto dal regista Aleksey German, presentato in anteprima mondiale al Festival di Roma 2013. Un film dalle molteplici stratificazioni che non si può davvero ridurre ad una sola interpretazione, ma che mi interessa in questo momento per la capacità di guardare ad un ipotetico futuro della Russia rappresentadolo come un osceno passato medievale, verso il quale sembra l’attuale dittatore Putin la voglia incamminare.
German, con la sua sensibilità di artista, sembra aver anticipato ciò che oggi è sempre più palese: la progressiva trasformazione della Russia in un regime dittatoriale, dove una oligachia direttamente criminale è sostenuta da un dittatore che ha dichiarato guerra ai valori occidentali, e che con l’attuale guerra di invasione dell’Ucraina sta conducendo chiaramente il suo popolo verso un destino di progressiva miseria materiale e ad una cancrena morale della società.
Umberto Eco ha scritto nel 2013 la motivazione per l’attribuzione del Premio alla carriera del Festival di Roma ad Aleksej Jurevič German e al suo film. Una citazione per tutte:
Trudno byt bogom conclude la ricerca del regista sul tempo e la memoria, collegando l’assurdità del passato e del presente con quella del medioevo prossimo venturo. Il medioevo futuro sarà segnato dalla distruzione della cultura, dalla legalizzazione della xenofobia, dalla guerra civile permanente: sconvolgimenti di enorme brutalità, la cui provenienza va rintracciata anche (ma non solo) in quel laboratorio di incubi che è stata l’URSS staliniana.” E, aggiungerei io, in quel regime di autoritarismo post-fascista che sempre più chiaramente il criminale di guerra Putin sta creando in Russia.

Trudno byt bogom è definito un film di “fantascienza”, in quanto la sua azione si svolge su Arkanar, un pianeta immaginario simile alla Terra i cui abitanti possono ricordare i terrestri prima di avanzare nel Rinascimento. In questo futuro/passato di un mondo dall’ecosistema identico a quello terrestre, ma in uno stadio della società umana paragonabile all’epoca medievale, gli intellettuali e gli artisti vengono perseguitati e uccisi, mentre il potere domina nel caos. Il personaggio principale è uno storico, facente parte di un gruppo di persone inviate dal pianeta Terra per un’operazione di ispezione sotto copertura dello sviluppo della società medievale di Arkanar. Nasconde le origini terrestri acquisendo un’identità aliena: Don Rumata, figlio illegittimo di Goran, un dio pagano locale nato dalla bocca del dio.
Inutile aggiungere altro, il film parla da sé con la forza delle strabilianti immagini, l’enorme quantità di particolari che attraversano la scena e l’estrema, a volte scioccante, libertà espressiva. Basti ricordare che German aveva iniziato a sviluppare una sceneggiatura alla fine degli anni ’60, per arrivare a completare l’opera nel 2013, appena prima della sua morte.

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PERSÉPHONE – I. Stravinskij – Teatro Real de Madrid (2012)

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NOTA: fare attenzione che video e sottotitoli abbiano lo stesso nome, altrimenti rinominare

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Non c’è guerra che tenga, molti dei miei musicisti preferiti sono russi: Čajkovskij, Stravinskij, Šostakovič, Prokof’ev. Caso a parte Vladimir Horowitz, David Ojstrach e Svjatoslav Richter: tre immensi esecutori musicali ucraini, che oramai non devono essere più chiamati russi, ma appunto ucraini.

L’arrivo della primavera induce a voler evadere dall’inferno in terra scatenato in Ucraina dal regime del dittatore russo, niente di meglio per ridare speranza che rivivere l’antico mito greco di Persefone, che ogni anno riemerge dal gelo infernale a riportare la rinascita della primavera sulla terra.
Perséphone è una composizione di Stravinskij in tre parti composta fra il 1933 e gennaio 1934 su testo del poeta francese André Gide. Sebbene l’autore definisse Perséphone come “mélodrame”, in realtà si tratta di un’opera più complessa, ben lontana sia dalla tradizionale opera italiana sia da un semplice melologo; l’opera comprende infatti musica, canto, danza e recitazione.
L’opera fu commissionata a Stravinskij nel 1933 da Ida Rubinstein per la stagione del 1934 a l’Opéra di Parigi. L’idea era quella di far rivivere la meravigliosa triade del Teatro Greco: Poesia, Musica e Danza. Il testo è costituito da un dramma di André Gide ispirato al mito di Demetra, così come viene descritto nell’Inno a Demetra di Omero.
Come giudizio sulla musica di Stravinsky per Perséphone riporto quello lusinghiero dato da Robert Craft, direttore d’orchestra e biografo del compositore russo: «Perséphone trabocca di magnifiche innovazioni orchestrali. Mai un numero così ridotto di note di pianoforte fu utilizzato con un tal brio. Mai nessun compositore era riuscito a dare alla musica un tal rilievo tramite una strumentazione individuale ed elegante ad ogni frase dell’opera. Nel suo complesso l’opera – per citarne il testo – è fresca come “il primo mattino del mondo”».
L’esecuzione proposta è quella del Teatro Real di Madrid (2012) con la superba regia di Peter Sellars e la partecipazione di un ensemble di danzatori della Cambogia, che danno all’opera un gusto esotico orientaleggiante richiamante quello che poteva essere (ma non lo sappiamo) lo stile di danza dell’antica Grecia.

TRAMA
In genere nel caso di un film si evita di raccontare tutta la trama, per non togliere il piacere di scoprire il finale. In questo caso però l’intera trama è ben nota, trattandosi dell’antico mito di Demetra e Persefone che molti avranno stadiato anche a scuola, quindi di seguito la guida all’ascolto presa da Wikipedia:

PARTE PRIMA – Persefone rapita.
il sacerdote Eumolpo (tenore) invoca la dea Demetra, regina della terra, e ricorda come la figlia di lei Persefone (voce narrante) venne rapita. Nella rievocazione le ninfe circondano Persefone cantando e danzando, glorificando la Natura e la bellezza dei suoi fiori; quando appare il narciso Persefone si inchina sul fiore e lo coglie, nonostante gli avvertimenti di Eumolpo, e vede così il mondo degli Inferi con le sue anime tristi e disperate. Le ninfe incitano quindi la principessa a restare con loro, ma Persefone vuole portare conforto alle anime dei trapassati.
PARTE SECONDA – Persefone agli Inferi.
Narra del passaggio di Persefone nell’Ade e della sua unione con Plutone; Persefone rifiuta i doni di Plutone; quando Mercurio le offre un frutto del melograno per farle desiderare di tornare sulla terra, la principessa morde il frutto e viene presa da una grande nostalgia. Intanto sulla terra cambiano le stagioni, la primavera impallidisce e Persefone rimpiange di aver abbandonato la madre.
PARTE TERZA – Persefone rinata.
La principessa Persefone ritorna alla vita, si ricongiunge alla madre e allo sposo terrestre Trittolemo; intanto la natura sulla terra si risveglia come da un letargo, la primavera si colora di fiori. Persefone però sa di dover tornare nell’Ade dal suo sposo infernale perché il suo destino è anche quello di portare alle ombre un po’ di luce e di conforto; ella si incammina a lenti passi e volontariamente fa ritorno nel mondo tenebroso degli inferi; in tal modo ella porterà sia la luce alle anime degli Inferi, sia la primavera sulla terra.

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Eastern boys (Francia, 2013)

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Pochi giorni prima dell’aggressione russa all’Ucraina, ho iniziato a sistemare i sottotitoli di Eastern boys, film francese del 2013 dello scrittore e regista Robin Campillo (La classe – 2008, Palma d’Oro a Cannes, L’Atelier – 2017, 120 battiti al minuto – 2017, Grand Prix a Cannes). Nel procedere ho scoperto che dei 3 interpreti principali uno è francese, uno ucraino e uno russo, proprio nel momento in cui è iniziata la guerra di sterminio della Russia nei confronti del popolo ucraino, accrescendo ovviamente di molto l’interesse per questo straordinario film.

Segnalo una interessante intervista al regista (https://filmuforia.com/interview-with-robin-campillo-director-eastern-boys-2013/) che descrive in maniera esauriente il processo di scrittura e realizzazione del film, e anche alcune curiosità: trattandosi di una storia di invasione domestica il regista ha pensato bene di usare per le riprese il proprio appartamento, in modo da vivere da vicino questo tipo di esperienza: “Mi piace la sensazione di essere invaso dai miei personaggi, nel mio film e nel mio spazio”. Gli attori sono talmente bravi che molti a suo tempo hanno pensato che si trattasse di personaggi presi dalla strada, quando invece l’attore che interpreta Marek proviene da una famiglia di attori e recita con grande professionalità.

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Été 85 (Francia, 2020)

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Estate ’85 (Été 85) è un film del 2020 scritto e diretto da François Ozon.
Il film, adattamento cinematografico del romanzo “Danza sulla mia tomba” di Aidan Chambers, è stato selezionato per il Festival di Cannes 2020. Il romanzo è reperibile in traduzione italiana anche su ebook, ed è una lettura molto coinvolgente esorretta da uno stile letterario di grande qualità. Non c’è da stupirsi se il giovane Ozon sia stato colpito così tanto da volerne fare la sua opera prima, anche se il progetto si è potuto realizzare solo ora.
A me è capitato di leggere il romanzo pochi anni fa, il regista François Ozon invece sembra averlo letto nella sua giovinezza durante gli anni ’80, mentre si trovava in vacanza in Normandia: di qui la scelta di spostare l’ambientazione nei luoghi e nel periodo in cui Ozon ha letto il romanzo.

Non anticipo niente dicendo che il racconto parte subito introducendo il tema fondamentale della morte, evocato in modo inequivocabile anche dal titolo del romanzo di Chambers. Nell’estate del 1985 in Normandia, Alexis, ragazzo sedicenne con pensieri continui sulla morte, esce in mare e viene salvato dal diciottenne David quando la sua barca si capovolge. Tra i due ragazzi nasce una tumultuosa storia d’amore, che terminerà con la morte di David in un incidente di moto. Alexis, e anche lo spettatore, si trova trascinato in impulsi e ossessioni che solo durante l’adolescenza si sperimentano in modo così intenso e totalizzante.
A me il film è piaciuto molto ma, data la complessità delle tematiche e la fama del regista non aggiungo altri commenti: mi limito a segnalare due recensioni (una favorevole ed una contraria), utili comunque ad approfondire il significato del film.
Recensione favorevole: https://www.mymovies.it/film/2020/ete-84/
Stroncatura: http://www.cinelapsus.com/ete-85-2020-di-francois-ozon/
Riguardo alle musiche, ho riascoltato con emozione dopo tantissimo tempo la canzone “Sailing” di Rod Stewart, mentre non mi ha detto niente il brano dei The cure, data la mancanza di un adeguato retroterra di cultura rock-pop.

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A wake (USA, 2019)

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Il caso ha voluto che mi trovassi a considerare contemporaneamente per la pubblicazione sul blog due film recenti, diversi per clima culturale e sviluppo drammatico, ma accomunati da uno stesso argomento: come un adolescente affronta la perdita derivante dalla morte di una persona a lui vicina. Si tratta di A wake, film USA del 2019, e Été 85, del grande regista francese Francois Ozon. Ho portato avanti in contemporanea la sistemazione dei sottotitoli, ora li pubblico uno di seguito all’altro.
Inizio con A wake (Una veglia) del regista americano Scott Boswell.
Si tratta di una produzione indipendente, ambientata all’interno di una tipica famiglia americana di forte impronta religiosa e cristiana, i cui classici atteggiamenti omofobi trovano comunque rispondenza nella comunità e negli ambienti nei quali il protagonista Mitchel si è trovato a vivere. Una famiglia razzista e intollerante verso l’omosessualità, tanto che i genitori di Mitchel credono esplicitamente che essere gay sia un peccato per il quale l’anima brucerà per sempre all’inferno.
In questo contesto il giovane Mason si trova ad affrontare il senso di colpa e il trauma per la perdita del fratello gemello Mitchel, mentre la famiglia è all’oscuro dei risvolti segreti della vita di Mitchel: i segreti e il lutto hanno comunque un effetto tossico su tutti i componenti della famiglia.

Da segnalare la prestazione attoriale di Noah Urrea, che interpreta i due gemelli Mason e Mitchel. Naturalmente il budget del film indipendente non consente i trucchi oggi correnti, ma il regista ovvia utilizzando gli angoli di ripresa e il montaggio per creare scene in cui Urrea sembra parlare con l’altro personaggio che sta interpretando.

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Making love (USA, 1982)

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All’nterno dei film di genere Making Love è considerato forse il primo dramma hollywoodiano tradizionale ad affrontare i temi dell’omosessualità, del coming out e dei matrimoni di convenienza.
Nel 1982 erano usciti film come Personal Best , Victor/Victoria o Partner, nei quali si iniziavano a considerare i temi dell’omosessualità sotto una luce più tollerante e comprensiva.
Ovviamente era solo un inizio, per il ruolo principale di Zach il regista aveva contattato vari attori, fra cui Tom Berenger, Michael Douglas, Harrison Ford, William Hurt e Peter Strauss, ma tutti con varie scuse hanno rifiutato il ruolo, confermando così i timori dell’epoca che interpretare un ruolo gay potesse nuocere alla carriera di un attore.
Terminate le riprese nel 1981 l’uscita ufficiale di Making Love ritardò quasi un anno per la reazione negativa di Marvin Davis , il magnate del petrolio che aveva acquistato la 20th Century-Fox nell’aprile 1981: a una proiezione privata di Making Love Davis urla “Avete fatto un dannato film di froci!”, e se ne va.

Il famoso scrittore Scott Berg ha concepito la storia alla base del film utilizzando le confidenze dei compagni di college all’amico sceneggiatore Barry Sandler, che come Berg era apertamente gay. Berg pensava che il movimento gay fosse il prossimo grande movimento sociale del paese: dopo il movimento per i diritti dei neri degli anni ’60 e il movimento femminista degli anni ’70, il movimento gay sarebbe stato secondo lui quello degli anni ’80.
Il film, considerato il primo film hollywoodiano rivolto a un pubblico gay, contrappone due visioni di uno stile di vita gay: Zack desidera una relazione monogama a lungo termine, mentre Bart si mostra promiscuo e non interessato a prendere impegni.
La sigla del film, “Making Love” interpretata da Roberta Flack , è valsa ai suoi compositori – Burt Bacharach, Bruce Roberts e Carole Bayer Sager- una nomination ai Golden Globe per la migliore canzone originale da film.

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