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Elephant – Slon (Polonia 2022 )

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Provate per un momento ad immaginare di trovarvi in Polonia, uno dei paesi più omofobi che ci siano in Europa,nel sud della Polonia,nelle montagne ai confini con la Slovacchia. Ecco, Elephant (Slon in polacco) è ambientato in quella remota zona, in un villaggio rurale, e ritrae una piccola comunità e alcuni personaggi che la abitano, descrive relazioni, conflitti, ipocrisie, complicità. Il film è ispirato alle esperienze vissute da Kamil Krawczycki, il regista, nella sua città natale, tra le montagne della Polonia meridionale, e ci racconta una crescita, una presa di coscienza, una rivalsa. “Volevo ritrarre un personaggio vulnerabile e forte allo stesso tempo. So che molte persone queer in Polonia possono immedesimarsi in questo personaggio. Raccontando questa storia, ho voluto rendere loro omaggio e dare un po’ di speranza, di cui la Polonia ha bisogno in questo momento”.

                                                                              Sopra la locandina del film

I protagonisti del film sono Bartek e Dawid, e la bellissima natura che li circonda. Sotto un certo aspetto ci può ricordare, alla lontana ovviamente e facendo le debite comparazioni, Brokeback Mountain. Jan Hrynkiewicz interpreta il giovane Bartek, che gestisce un piccolo allevamento di cavalli in montagna, da cui però fatica a trarre sostentamento, e arrotonda lavorando la sera in un pub. Bartek si prende doverosamente cura della madre possessiva, depressa e ingrata (Ewa Skibinska), abbandonato dalla sorella Daria (Wiktoria Filus) espatriata in Norvegia per amore di un uomo che non vedremo. Pawel Tomaszewski invece è Dawid, un musicista. La vita scorre tranquilla in questo ambiente isolato e apparentemente fuori dal tempo. Ma un evento traumatico riporta al paesello Dawid. Bartek ben presto rimane affascinato dalla sua persona, da questo musicista, sicuro di se, che viene da un mondo a lui lontano, e se ne innamora. Bartek non esprime la sua persona, il suo essere omosessuale. Dawid invece è già risolto, non ha problemi, tutti sanno di lui in paese. E’ proprio questo il motivo che lo spinse ad andarsene. La loro frequentazione, da semplici cavalcate in mezzo alla natura, diventa sempre più stretta, e viene presto notata. Una sera Dawid porta Bartek in un locale lgbtq in città, dove rimangono fino all’alba e dove Bartek vede e prende contatto per la prima volta con un mondo che non conosceva di persona. L’ostilità verso di loro inizia a circolare, e ad esprimersi con una violenza, che da verbale diventa fisica. Bisogna saper reagire, trovare aiuto in chi ti vuole bene e non giudica le tue scelte di vita. Elephant è un film semplice,diretto. Tema dominante è il pregiudizio e l’omofobia, ma anche l’amore, quello con la A maiuscola. Bartek verrà messo alle strette. Si troverà a dover scegliere tra l’amore e la libertà, da un lato, e i suoi obblighi familiari, la sua fattoria in cui tanto credeva, la sua adorata montagna, dall’altro. Danuta (Ewa Kolasinska), la simpatica vicina di mezza età di Bartek, sembra sapere tutto di lui e di Dawid, come apparentemente tutti gli altri abitanti del villaggio. Lo chiama elefante, con una metafora che Bartek sembra non comprendere, per esprimere una “diversità” riferita all’ambiente in cui Bartek si ritrova, gli dice di darsi da fare e gli regala un modellino di elefante da portare via. Una sorta di portafortuna, evidentemente. Preminente è la figura “femminile”, in questo film : la mamma di Bartek, la sorella di Bartek, la simpatica vicina di casa, Danuta (Ewa Kolasinska). La figura maschile ci viene presentata come assente, nelle figure del marito della sorella, del padre di Bartek, fuggito, oppure di un fallito, come il padre di Dawid. Recensito da Dino Sauro Stupazzoni.

Il Cast di Slon – Elephant 

Jan Hrynkiewicz è Bartek

Pawel Tomaszewski è Dawid

Ewa Skibinska è la mamma di Bartek

Ewa Kolasinska è Danuta

Wiktoria Filus è Daria sorella di Bartek

Regia : Kamil Krawczycki                   

Questa pellicola ha dei sotto titoli hard coded – sovra impressi, viene rilasciata in un unico file in formato .mp4, e può essere visualizzato su qualsiasi lettore.  Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

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Sauvage (Francia 2018)

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Camille Vidal-Naquet è qui al suo debutto nel mondo dei lungometraggi. Un esordio sotto i riflettori del Festival del Cinema di Cannes, dove la pellicola ha partecipato, nel 2018, nella sezione Settimana internazionale della critica, aggiudicandosi il Premio Louis Roederer per la Rivelazione assegnato al protagonista Félix Maritaud. Il lavoro ha lasciato sicuramente il segno, anche per le scene di sesso che contiene – alcune palesemente esplicite. Quello stesso anno, sempre a Cannes e nella sezione Un Certain Regard, venne presentata la pellicola belga-olandese Girl di Lukas Dhont – autore del più recente Close – che aveva come protagonista la storia di una danzatrice classica in transizione MtF. ( By Renato).

Sopra la locandina del film

Trama di Sauvage

Léo è un ragazzo di 22 anni che si prostituisce e vive di espedienti: non ha amici, non ha una famiglia da cui tornare, si dedica al sesso e alla droga. Léo è un animale selvatico, basta a sé stesso e anche quando è alla ricerca di attenzioni, più o meno affettive, lo fa come un gatto: rimanendo fedele alla sua natura e a sé stesso.

Recensione di Sauvage a cura di Renato.

Questo film è una sorpresa – piacevole – sotto diversi punti di vista. La maggior parte delle persone si fermerebbe al racconto, che va sicuramente a toccare delle corde emotive non indifferenti: la difficoltà di un ragazzo di strada nell’affrontare la sua quotidianità, fatta di emarginazione e sregolatezza. Il fatto che sia un giovane che si prostituisce va indubbiamente a toccare quelle radici che molti di noi hanno nell’animo: quelle del salvatore. A volte ci si può indignare per le scelte fatte dal protagonista, non comprenderne il significato, non accettare come lui renda la sua stessa vita un inferno; ma tutto ciò fa gioco alla pellicola, con buona consapevolezza autorale, e cerca di smuovere la leva del redentore che porta lo spettatore a tifare per Claude, interpretato da Philippe Ohrel che gli amanti del cinema a tematica queer ricorderanno in Gamberetti per tutti (2019), che è colui che introduce Léo sulla via del riscatto.

Una narrazione che Camille Vidal-Naquet, regista e sceneggiatore dell’opera, ha decisamente ben imbastito, su tutti i fronti. Il racconto potrebbe ineluttabilmente portare a cercare di conoscere la situazione di Léo antecedente a quella che ci viene raccontata. I più esigenti potrebbero avere la necessità di comprendere come il protagonista sia arrivato a quella vita dissoluta, quali sono stati i legami – familiari e non – che lo hanno spinto in quella direzione. In realtà, non si sente il bisogno di indagare oltre quello che già ci viene proposto perché non è necessario: Vidal-Naquet riesce a catturare la nostra attenzione sul presente sia a livello drammaturgico che filmico, con le sue inquadrature spesso sporche, in movimento, a seguire la frenesia del giovane che, fra una notte passata con gli amici a drogarsi e l’altra addormentato per strada, non riesce a trovare pace. Nemmeno la liaison con Ahd, collega che ama non etichettarsi frocio ma che adora anche flirtare con i compagni di (dis)avventura, riesce a fargli trovare pace.

Perché dovrei cambiare? Léo

Frenesia che viene, momentaneamente, attenuata con il coinvolgimento di Claude ma che poi si ripresenta, a rafforzare un finale sicuramente d’effetto, anche se forse un po’ furbo. Anche negli attimi in cui il giovane è allo stremo – sia per strada, mentre raccatta cibo dall’immondizia o beve acqua da una pozzanghera, piuttosto che nei suoi incontri di sesso – il regista trova la via di rendere efficace la storia, anche se utilizza delle modalità che indignano parte del pubblico: il sesso esplicito di un paio di scene è voluto appositamente perché chi sta guardando sia immerso totalmente in una realtà che non conosciamo e discostiamo e che, probabilmente, non è conforme all’idea che abbiamo.

Se Vidal-Naquet è stato così efficace, parte del merito va dato anche al protagonista: Felix Maritaud, interprete di Léo, era già apparso nel film 120 battiti al minuto (2017) come coprotagonista. Non ha alle spalle una formazione attoriale accademica ma spicca decisamente per il suo sapere gestire le emozioni dei personaggi che interpreta. In questo caso, lo ritroviamo a presentarci un antieroe con un’anima: i suoi sguardi nel vuoto, i suoi sorrisi impercettibili, la sua freddezza in situazioni estreme – come l’incontro con la coppia che lo sodomizzerà con un plug abnorme – avvicinano il personaggio a chi lo sta spiando – spettatore incluso – rendendo il suo anticonformismo qualche cosa di non accettabile ma comunque umano. Le sue esperienze nel porno e il suo essere dichiaratamente gay può averlo aiutato in questo percorso, ma poco importa e non va a minare la sua interpretazione.

Léo si comporta come un cane randagio: beve l’acqua della strada, dorme volentieri per strada, mangia spazzatura senza disgusto. Per noi, se fossimo davvero persi in una grande città, e non avevamo un dollaro per comprare l’acqua, sarebbe molto difficile per noi immaginare di andare alla grondaia per un sorso d’acqua. Camille Vidal-Naquet

In conclusione

L’opera è sicuramente d’impatto ed effetto. È ben riconoscibile una cifra stilistica del neofita – nei lungometraggi –. Vidal-Naquet ed è volutamente e duramente reale. Se proprio vogliamo approfondire, qualche piccola pecca c’è in questa violenta raffigurazione: manca quello che D. A. Miller – critico e studioso cinematografico noto per le sue idee controcorrente su film come Chiamami col tuo nome (2017) – definirebbe sangue e merda, ovvero quella parte inevitabile che esiste di sporco, anche in senso letterale. Il personaggio di Léo, animale selvatico, si ritrova fin troppo pulito rispetto alla situazione che vive, finanche dopo gli incontri sessuali, alcuni dei quali finiscono per ferirlo. Non è una deficienza rilevante, la narrazione scorre comunque in maniera lineare. Ed è fuori di dubbio che una pellicola come questa è talmente lontana dalle forzature omonormative presenti in Italia che, anche solo per questa ragione, merita di essere visto. Senza pregiudizi.

Questa pellicola ha dei sotto titoli già incorporati di default, viene rilasciata in un unico file in formato .MKV. Si consiglia la sua visualizzazione con il player universale VLC. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Titolo originale: Sauvage

Anno: 2018

Paese di produzione: Francia

Genere: drammatico

Produzione : Les Films de la Croisade, La Voie Lactée

Durata:1 h 39 min 

Regia: Camille Vidal-Naquet

Sceneggiatore: Camille Vidal-Naquet

Montaggio: Elif Uluengin

Fotografia: Jacques Girault

Musica: Romain Trouillet

Attori: Félix Maritaud nei panni di Léo,  Eric Bernard nei panni di Ahd, Nicolas Dibla nei panni di Mihal, Philippe Ohrel nei panni di Claude.

Una scena del film con Felix Maritaud nei panni di Léo

Léo (Felix Maritaud) in una scena del film

Un primo piano di Felix Maritaud

Léo (Felix Maritaud) e Ahd (Eric Bernard)

Il Trailer

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Man in orange short (U.K. 2017)

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Oggi rilasciamo la pellicola di questo che è un film per la TV diviso in due parti, ma che noi abbiamo unito, della televisione britannica. È stato prodotto da Kudos Film and Television ed è stato trasmesso per la prima volta il 31 luglio 2017 su BBC One. Il film drammatico racconta tre storie d’amore di due generazioni di una famiglia, negli anni ’40 e nel 2017. Vanessa Redgrave, Julian Morris e Oliver Jackson-Cohen recitano nei ruoli principali, diretti da Michael Samuels. La sceneggiatura e l’idea provengono da Patrick Gale, la cui storia familiare è il nucleo autobiografico della trama. Diretta da Michael Samuels (Any Human Heart), prodotta da Lisa Osborne (Little Dorrit) e realizzata da Kudos per BBC One, una miniserie in due parti (praticamente un film di due ore), completamente gay, che confronta due storie d’amore a 60 anni di distanza una dall’altra, legate dalla famiglia e da un dipinto che contiene un segreto. Le due storie d’amore gay vogliono illustrare le sfide ed i grandi cambiamenti intercorsi dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi.

Man in an Orange Shirt (trd. l’uomo dalla camicia arancione) il titolo originale, presenta due storie separate ma intrecciate: la prima racconta gli ostacoli che la società occidentale sta mettendo nella relazione amorosa tra i due veterani della seconda guerra mondiale Michael e Thomas nell’immediato dal fronte. La seconda parte descrive le prove e le tribolazioni delle collaborazioni del XXI secolo, usando l’esempio del nipote di Michael. Le storie sono collegate da Flora, moglie in lutto di Michael e nonna di Adam, il cui amore non corrisposto per Michael e l’educazione conservatrice si traducono in un elemento odioso per Adam.

Sopra la locandina del film

Il racconto si basa in parte sulla storia familiare dell’autore inglese Patrick Gale, che ha celebrato il suo debutto nella sceneggiatura con quest’opera. Ha scritto la storia in un periodo di sei anni. Come Flora Berryman la madre di Gale aveva trovato una pila di lettere d’amore da un “amico” maschio sulla scrivania del marito poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ha anche distrutto le lettere per paura che potesse essere arrestato e poi, per disgusto e ignoranza, aveva imparato a equiparare l’omosessualità alla pedofilia. La location delle riprese è stata, tra gli altri, la London Charterhouse, dove sono stati girati anche Downton Abbey, Agatha Christie’s Poirot, Tulip Fever, Miss Austen Regrets e dal 2017 Taboo. Il dramma è stato trasmesso come il fiore all’occhiello della BBC Gay Britannia season, una serie di programmi nel 2017 per celebrare il 50º anniversario dell’abbrogazione della legge che criminalizzava l’omosessualità nel paese. Il 13 agosto 2017, TVNZ ha trasmesso entrambe le parti come un unico film. La rete statunitense PBS ha trasmesso le due parti nel giugno 2018 come parte della loro serie antologica Masterpiece.

Questa pellicola ha dei sotto titoli già incorporati di default, viene rilasciata in un unico file in formato .MP4 visualizzabile con qualunque player e su qualsiasi supporto. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Il cast del film

Julian Morris è Adam Berryman

Vanessa Redgrave è Flora Berryman

Oliver Jackson-Cohen è Michael Berryman

James McArdle è Thomas March

Joanna Vanderham è Flora Talbot

David Gyasi è Steve

Regia Michael Samuels

Michael, Flora e Thomas, nel giorno del matrimonio

Thomas e Michael nel cottage

Un primo piano di Julian Morris

Un primo piano di Steve e Adam

Un primo piano di Julian Morris (Adam) con Vanessa Redgrave (Flora Berryman)

I quattro protagonisti. Da sinistra a destra: David Gyasi (Steve); Julian Morris (Adam Berryman); James McArdle (Thomas March); Oliver Jackson-Cohen (Michael Berryman)

Il Trailer

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Ultimi 4 lieder – di Richard Strauss (1948)

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soprano: Anja Harteros
orchestra: Frankfurt Radio Symphony
direttore: Andrés Orozco-Estrada
durata: 29 minuti    registrazione:  2018

Richard Strauss morì nel 1949 a 85 anni e questi lieder rappresentano in qualche modo il suo congedo dalla musica e dalla vita. Si potrebbero forse considerare come l’ultimo gesto della grande musica romantica, la cui stagione si chiude gloriosamente mentre già la musica atonale dominava tra i compositori di allora.
Come gli altri Lieder di Strauss, anche questi, il cui contenuto esprime una profonda meditazione sulla vita e sulla morte, sentita ormai prossima, sono dedicati alla moglie Pauline Strauss-De Ahna e sembrano composti per la sua voce, nonostante il soprano non potesse più interpretarli a causa dell’età avanzata. Alla fedele compagna di una vita, che morì il 13 maggio 1950, meno di un anno dopo la morte del marito, sembrano dedicati i versi iniziali di Im Abendrot che recitano:
Tra affanni e gioie
siamo andati mano nella mano;
dei vagabondaggi assieme ci riposiamo
ora in luogo tranquillo.

Il ciclo è costruito su 4 testi di poeti tedeschi cari a Strauss, i primi tre di Hermann Hesse, l’ultimo di Joseph Freiherr von Eichendorff.
1. Frühling («Primavera»)
2. September («Settembre»)
3. Beim Schlafengehen («Andando a dormire»)
4. Im Abendrot («Al tramonto»), il primo ad essere composto, nel 1946.

Nei quattro Lieder una musica evocativa descrive un vero e proprio viaggio interiore che dal miracolo di una primavera ritrovata in Frühling conduce, attraverso la malinconia di September e la contemplazione di un cielo stellato di Beim Schlafengehen, all’ultimo brano Im Abendrot, nel quale la fine di un viaggio inteso come metafora della morte sembra annunciare la prossima fine dei due coniugi, legati indissolubilmente nella vita come nella morte. In quest’ultimo brano, in cui emerge l’immagine di due amanti ormai stanchi di vagare e già proiettati nella visione di una pace profonda, Strauss citò un tema del suo poema sinfonico, “Morte e trasfigurazione”, del quale Im Abendrot condivide l’attesa serena della morte.

Qui i testi completi con la traduzione ( https://www.flaminioonline.it/Guide/Strauss/Strauss-Vierletzte-testi.html )
Per una critica più approfondita un commento di Sergio Sablich ( https://www.sergiosablich.org/richard-strauss-vier-letzte-lieder-quattro-ultimi-lieder/ )

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Tom of Finland (Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, U.S.A. – 2017)

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Sopra la locandina del film

Oggi Vi proponiamo un film da voi molto atteso: il coinvolgente biopic di Dome Karukoski, Tom of Finland, una coproduzione tra Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, Stati Uniti e Regno Unito. Il racconto di come l’arte guarisce e libera, Tom of Finland fonde efficacemente la storia personale di Touko Laaksonen con la storia del movimento LGBT in Finlandia e Stati Uniti. Il protagonista del film, Touko Laaksonen, qui interpretato da Pekka Strang, era originario della Finlandia, paese dove l’omosessualità è stata decriminalizzata nel 1971 e declassificata come malattia nel 1981. Il film, scelto come rappresentante per la Finlandia agli Oscar 2018, narra la vita di Touko Laaksonen, artista baltico che divenne celebre per i suoi disegni a tematica leather bear gay. Laaksonen, che divenne un’icona del mondo omosessuale, fu già protagonista del documentario Daddy and the Muscle Academy (1991). Il film ha aperto la 32ª edizione del Lovers Film Festival di Torino. Intro di Dino Sauro Stupazzoni.

Trama di Tom of Finland

La pellicola racconta la vita di Touko Laaksonen, sia personale che artistica: il suo congedo, avvenuto alla fine della Seconda Guerra Mondiale; il closet in cui si trincera; l’inizio della sua storia d’amore; la sua tenacia verso la promozione della sua arte. Il protagonista, grazie ai suoi fumetti omoerotici, arriverà alla fama internazionale. tanto da divenire una icona gay in un periodo storico particolare – in quello che sfocerà negli anni della comparsa dell’AIDS.

Recensione di Tom of Finland di Sasà Sanguineti

Il film di Dome Karukoski ha tutte le prerogative per essere una pellicola di consumo: belle immagini, storia scorrevole, niente che possa infastidire lo spettatore moderno, magari svogliato e poco incline ad essere preso in un meccanismo che lo porti a elaborare ciò che sta guardando. Del resto, diverse pellicole nascono con il presupposto di essere un prodotto commerciale il che, sia ben chiaro, non è un male, soprattutto se ciò viene palesato. Però, visto l’argomento trattato, da questa opera ci si aspetterebbe un impegno diverso e una profondità che, in realtà, manca.
Karukoski è un giovane regista finlandese che ha respirato arte e cultura fin dall’infanzia – suo padre era un attore e un poeta mentre la madre lavorava nel giornalismo. Si distinse già con il suo primo lungometraggio Tyttö sinä olet tähti, vincitore di diversi premi; in seguito si dedicherà anche a video musicali e spot pubblicitari. Con Tom of Finland ha iniziato a dedicarsi a storie biografiche e, probabilmente, forte delle sue esperienze passate, ha lavorato molto sulla qualità dell’immagine.
Il film inizia, senza indugi, proponendo delle sequenze che sottolineano la presenza della tematica lgbtqi+: i nudi – mai frontali – del gruppo di soldati in sauna; gli sguardi del protagonista; gli adescamenti nel bosco. Non esplicita mai, in maniera diretta, l’omosessualità dell’artista: Tom, interpretato dall’attore finlandese Pekka Strang, è closeted e non ha intenzione di uscire da quel suo status, sfogando nel disegno i suoi pensieri e le sue pulsioni. Anche nella rappresentazione dei suoi contatti omoerotici, le immagini e i contenuti vengono proposti in modo che non disturbino, con l’uso di un filtro narrativo necessario per rendere l’argomento accettabile. Questa modalità è presente in tutto il film: mentre Tom vive la sua storia d’amore piuttosto che nel rapporto che ha con la sorella – più rivale che confidente.
Le scene dedicate all’amore trasgressivo sono sempre buie, caratterizzate da promiscuità e da rapporti che non vanno mai a indagare oltre ciò che può avvenire sotto le coperte (e non solo). Situazioni che sono vecchie modalità di rappresentazione che possiamo ricondurre già agli anni Ottanta: in tal senso, Cruising di William Friedkin può essere considerato il precursore.

Tom of Finland honors its subject with an empathetic, even-handed, and above all entertaining look at the pioneering art he produced from private turmoil.
(critica da Rotten Tomatoes)
Tom of Finland onora il suo soggetto con uno sguardo empatico, imparziale e soprattutto divertente sull’arte pionieristica che ha prodotto a partire da turbolenze private.
(critica da Rotten Tomatoes)

Oggettivamente, il lavoro di Karukoski non è un brutto film: gli attori sono guidati verso una interpretazione quasi distaccata, volta a rimarcare la situazione più che l’introspezione. Anche la musica viene usata con parsimonia ma in maniera efficace. Il montaggio è lineare, agevolando così la fluidità del racconto, e la fotografia è accurata, andando a creare– più con i giochi di ombre che di luci – delle suggestioni oramai conosciute. Anche qualche trovata registica è degna di nota, come il coniglio bianco che ogni tanto appare – che può rappresentare sia la porta su un mondo fantastico alla Lewis Carroll sia simboleggiare la frenesia sessuale – o il sogno erotico di Tom, impersonato dal personaggio fumettistico di Kake. Le lacune della sceneggiatura vengono ben celate da una narrazione scorrevole: il triangolo amoroso fra Tom, sua sorella e il futuro compagno di vita dell’artista – a cui avrebbero affittato una stanza, non si sa in base a quale esigenza – piuttosto che il ritrovarsi di Tom e Alijoki, compagno di scorribande notturne nei parchi divenuto, in seguito, diplomatico – l’incontro avviene in un’altra nazione e in carcere, luogo dove Tom era stato portato a seguito di un appuntamento amoroso finito male. Mentre il resto del cast è imbrigliato, fra scelte registiche e sceneggiatura, Taisto Oksanen (Alijoki) riesce a dare uno spessore che è apprezzabile, nella sua doppia veste di closeted e di persona costretta ad affrontare il suo outing. Gli altri: Pekka Strang (Tom) e Lauri Tilkanen (Veli, amante di Tom) sono contenuti nella loro rappresentazione omonormativa; Jessica Grabowsky (Kaija, sorella di Tom) nella sua forzata figura antagonista e moralizzatrice, diventa una macchietta poco credibile. L’argomento trattato e l’inizio del film lasciano supporre una volontà consapevole all’uso del queer baiting = adescamento dei gay; pensiero confermato con il proseguo della visione del film. Il percorso intimo di Laaksonen non viene scandagliato, se non brevemente, a vantaggio di un racconto più facile da accettare: persino la provocazione estrema dell’artista di usare le divise naziste per alcuni suoi personaggi non è indagata ma, del resto, sono molti i momenti incompiuti – il viaggio negli Stati Uniti o l’avvento dell’AIDS sono degli esempi. La conclusione, con il classico lieto fine, rende ancor più evanescente tutto il percorso dell’illustratore finnico.

In conclusione

Non meraviglia che la pellicola finlandese non sia stata selezionata fra le finaliste nella categoria Miglior film in lingua straniera al 90° Premio Oscar: nonostante sia un prodotto ben confezionato, le aspettative vengono disilluse. Ciò nonostante, rimane un discreto lavoro di cassetta: il clima domestico è più che sufficiente per godersi questa pellicola.

Note positive
Belle immagini e buona fotografia
Racconto fruibile di una biografia complessa
Note negative
Uso del queer baiting
Attori troppo limitati
Storia non approfondita

Questa pellicola ha dei sotto titoli già incorporati di default, viene rilasciata in un unico file, in formato .mkv. Si consiglia la visualizzazione sul player multimediale VLC. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Il cast di Tom Of Finland

Pekka Strang è Touko Laaksonen (Tom of Finland)
Seumas Sargent è Doug
Jessica Grabowsky è Kaija Laaksonen (La sorella di Touko Laaksonen)
Lauri Tilkanen è Veli
Jakob Oftebro è Jack
Werner Daehn è Muller

Regia di Dome Karukoski

Un primo piano di Pekka Strang (che interpreta Touko Laaksonen = Tom of Finland)

Una sequenza del film quanto Touko Laaksonen presta il servizio militare

Un intenso primo piano di Pekka Strang (Touko Laaksonen) e Lauri Tilkanen (Veli)

Un particolare “triangolo amoroso”, Pekka Strang (Touko Laaksonen), Lauri Tilkanen (Veli) e Jessica Grabowsky (Kaija Laaksonen)

Una sequenza del film

Il trailer del film Tom of Finland

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Il Signore delle Formiche (Italia – 2022)

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Recensione di Dino Sauro Stupazzoni

Sopra la locandina del film

Uno spaccato della storia italiana. 

Oggi pubblichiamo la recensione un film che era in concorso alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’anno scorso.

La lentezza. Il film è lento, forse perché vuole riprodurre la lentezza di quel periodo storico, rispetto alla frenesia del mondo di oggi, del 2023. O forse per meglio rappresentare le personalità dei protagonisti.

I personaggi. Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti. Il Braibanti è un personaggio egocentrico pieno di se, dispotico,  il classico intellettualoide di sinistra. Ex dirigente del PCI, il grande partito operaio, ex partigiano, omosessuale dichiarato, in un mondo dove la parola non viene spesso nemmeno pronunciata. Leonardo Maltese è Ettore Tagliaferri : una rivelazione. Bravissimo. Convincente. Commovente. E’ la vera vittima di questa che è una storia vera, in realtà Giovanni Sanfratello. Rapito dalla famiglia, viene rinchiuso in manicomio e ripetutamente sottoposto ad elettrochoc, fino a renderlo mezzo invalido. Ad empatizzare con lui, con Ettore, c’è da stare male. Elio Germano, interpreta il giornalista Ennio Scribani, è il personaggio che mi è piaciuto di più. In realtà è una finzione storica, inserita appositamente dal regista. Giornalista de l’Unità, disincantato, viene incaricato dal direttore di seguire il caso Braibanti. Dapprima titubante, ne farà via via una questione personale, fino a diventerà amico di Aldo. Simbolo di un paese che sta per cambiare, il suo, a quei tempi, era un pensiero di avanguardia, in palese contrasto con il direttore del suo giornale, L’Unità, così come era l’allora PCI. Il caso Pasolini insegna. Inspiegabile un cameo di Emma Bonino, dei tempi attuali, inserito in una scena ambientata ai tempi delle proteste studentesche contro il processo per plagio intentato con il Braibanti.

La famiglia borghese degli anni ’60. Padre invalido e su una sedia a rotelle, completamente assente. Famiglia borghese di livello, a giudicare dalle immagini che ci fornisce il regista, di una casa abbastanza lussuosa, abiti eleganti. Ma fredda. La madre assolutamente odiosa ed algida, in preda ad una furia religiosa e bigotta, non tollera che il figlio Ettore frequenti una persona come il Braibanti. Una persona immorale, afflitto da un vizio che la signora Sanfratello non riesce nemmeno a pronunciare, “o m o  s e s s u a l e”.  Al processo la madre e il fratello sembrano due maschere dell’orrore, una rappresentazione terrena del male dal gran che sono imbruttiti. Altro personaggio squallido il fratello di Ettore, Riccardo Tagliaferri. Respinto e osteggiato dal Braibanti, sembra volersi così vendicare aiutando la madre a rapire il fratello ed a farlo ricoverare in manicomio. Il giornalista Ennio Scribani rimarrà deluso dall’esito del processo, in quanto  egli stesso omosessuale, lo si intende da parecchie scene, anche se non esplicitamente, e sperava fortemente in una assoluzione del Braibanti, attraverso cui vedeva la possibilità di un mondo migliore dove vivere liberi. La condanna invece vanifica tutti i suoi sforzi, fino a farlo precipitare in una profonda depressione. Il film è uno spaccato dell’Italia fine anni ’60. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Il cast de il Signore delle Formiche

Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti

Elio Germano è Ennio Scribani

Sara Serraiocco è Graziella

Leonardo Maltese è Ettore Tagliaferri

Davide Vecchi è Riccardo Tagliaferri

Regia di Gianni Amelio

Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese in una intensa scena del film

Elio Germano e Luigi Lo Cascio

Una scena del film

Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti in una fase del processo

Elio Germano è il giornalista dell’Unità Ennio Scribani

Il trailer del film Il Signore delle formiche

Trudno byt bogom – Difficile essere un dio (Russia, 2013)

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Nella ricorrenza del primo anniversario della criminale aggressione russa alla nazione Ucraina vorrei proporre un film russo destinato a segnare la storia del cinema per l’altissima qualità narrativa ed estetica.
Il film in questione è Trudno byt bogom (Difficile essere un dio) del 2013, diretto dal regista Aleksey German, presentato in anteprima mondiale al Festival di Roma 2013. Un film dalle molteplici stratificazioni che non si può davvero ridurre ad una sola interpretazione, ma che mi interessa in questo momento per la capacità di guardare ad un ipotetico futuro della Russia rappresentadolo come un osceno passato medievale, verso il quale sembra l’attuale dittatore Putin la voglia incamminare.
German, con la sua sensibilità di artista, sembra aver anticipato ciò che oggi è sempre più palese: la progressiva trasformazione della Russia in un regime dittatoriale, dove una oligachia direttamente criminale è sostenuta da un dittatore che ha dichiarato guerra ai valori occidentali, e che con l’attuale guerra di invasione dell’Ucraina sta conducendo chiaramente il suo popolo verso un destino di progressiva miseria materiale e ad una cancrena morale della società.
Umberto Eco ha scritto nel 2013 la motivazione per l’attribuzione del Premio alla carriera del Festival di Roma ad Aleksej Jurevič German e al suo film. Una citazione per tutte:
Trudno byt bogom conclude la ricerca del regista sul tempo e la memoria, collegando l’assurdità del passato e del presente con quella del medioevo prossimo venturo. Il medioevo futuro sarà segnato dalla distruzione della cultura, dalla legalizzazione della xenofobia, dalla guerra civile permanente: sconvolgimenti di enorme brutalità, la cui provenienza va rintracciata anche (ma non solo) in quel laboratorio di incubi che è stata l’URSS staliniana.” E, aggiungerei io, in quel regime di autoritarismo post-fascista che sempre più chiaramente il criminale di guerra Putin sta creando in Russia.

Trudno byt bogom è definito un film di “fantascienza”, in quanto la sua azione si svolge su Arkanar, un pianeta immaginario simile alla Terra i cui abitanti possono ricordare i terrestri prima di avanzare nel Rinascimento. In questo futuro/passato di un mondo dall’ecosistema identico a quello terrestre, ma in uno stadio della società umana paragonabile all’epoca medievale, gli intellettuali e gli artisti vengono perseguitati e uccisi, mentre il potere domina nel caos. Il personaggio principale è uno storico, facente parte di un gruppo di persone inviate dal pianeta Terra per un’operazione di ispezione sotto copertura dello sviluppo della società medievale di Arkanar. Nasconde le origini terrestri acquisendo un’identità aliena: Don Rumata, figlio illegittimo di Goran, un dio pagano locale nato dalla bocca del dio.
Inutile aggiungere altro, il film parla da sé con la forza delle strabilianti immagini, l’enorme quantità di particolari che attraversano la scena e l’estrema, a volte scioccante, libertà espressiva. Basti ricordare che German aveva iniziato a sviluppare una sceneggiatura alla fine degli anni ’60, per arrivare a completare l’opera nel 2013, appena prima della sua morte.

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Great freedom (Austria – Germania 2021)

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Omosessualità, amicizia e amore dietro le sbarre della Germania del Dopoguerra. Di  Sasà Sanguineti. 

Questa volta pubblichiamo un film che ha ottenuto un notevole riscontro, sia da parte del pubblico che dalla critica: Rotten Tomatoes lo riporta con un gradimento che supera il 90 %; inoltre, ha vinto il Premio della Giuria nella categoria Un Certain Regard al Festival di Cannes del 2021 ed è stato selezionato per rappresentare l’Austria ai Premi Oscar 2022 nella categoria Miglior film internazionale. La trama del film. 1945, 1957 e 1968: il racconto delle carcerazioni di Hans, a seguito del Paragrafo 175, la legge tedesca contro l’omosessualità e la sodomia. Durante questo suo percorso di vita, il protagonista incontra Viktor, incarcerato per omicidio, e con lui stringerà un forte legame che diventerà, volontariamente, indissolubile.

 

Il cast di Great Freedom

Franz Rogowski è Hans Hoffmann

Georg Friedrich è Viktor

Anton von Lucke è Leo

Thomas Prenn è Oskar

Regia di Sebastian Meise

Qui sopra la locandina di Great Freedom

Non è una novità, per il cinema austro-tedesco, affrontare la tematica dell’omosessualità, lasciando negli annali anche lavori decisamente incisivi: oltre al genio di Rainer Werner Fassbinder, che ha affrontato – in generale – il tema della diversità , non si può non ricordare I turbamenti del giovane Törless di Volker Schlöndorff, piuttosto che Ai cessi in tassì, pellicola tedesca del 1980 del regista Frank Ripploh. In alcune pellicole si fa riferimento al Paragrafo 175, legge contro l’omosessualità che vede probabilmente origine dalla Buggery Act 1533, voluta da Enrico VIII di Inghilterra: una delle prime leggi contro la sodomia promulgate in un paese germanico e da cui derivò anche il reato gross indecency per cui Oscar Wilde fu processato e condannato. Paragrafo 175 fu inasprita dal regime nazista e gli omosessuali mandati nei campi di concentramento si ritrovarono nella situazione paradossale, una volta liberati, di finire in cella per questa legge – ancora vigente. Il lavoro di Sebastian Meise prende spunto da tutto ciò: il film è la storia di Hans Hoffmann dal 1945 al 1968, liberato dal campo di concentramento e più volte incarcerato perché omosessuale. Il racconto predilige l’intrecciarsi dei vari periodi per creare dei momenti di aspettativa che, in effetti, non vengono quasi mai delusi. Ci sono dei riferimenti, come quello legato alla Bibbia, che paiono non casuali, come volute sono alcune riprese non censurate dei rapporti sessuali – anche se rimangono entro un certo limite.  Il protagonista, ben interpretato da quel Franz Rogowski che alcuni ricorderanno quale il pianista tedesco dalle sei dita in Freaks Out di Gabriele Mainetti, vive queste prigionie fra l’amicizia particolare instaurata con l’omicida Viktor Kohl e gli amori del momento, vissuti nel carcere non senza difficoltà. Viktor è interpretato da Georg Friedrich, attore che conferisce al personaggio uno spessore non indifferente. Se, inizialmente, ci sarà un primo momento di rifiuto verso “il pervertito”, in seguito l’uccisore ne diventerà amico. Un legame che nulla ha a che vedere con l’amore romantico ma che sfocia, sicuramente, in un forte legame di amicizia e complicità. L’amore romantico è presente in due dei tre periodi rappresentati: nel 1957 è presente Oskar – ruolo ricoperto da Thomas Prenn, giovane attore sudtirolese, nella sua altera bellezza – che segnerà Hans, con la sua debolezza impercettibile ma letale; nel 1968 vediamo invece Leo – interpretato dal giovane Anton von Lucke, artista tedesco che è impossibile non notare anche in Frantz di Francois Ozon – colmo di una sensibilità che Hans decide di preservare, pagandone le conseguenze. Per nulla simile a Il bacio della Donna Ragno – altro film a tematica queer con una storia in carcere – e con qualche riferimento a Ai cessi in tassì – soprattutto nella parte iniziale – la pellicola risulta non scontata, esente da un facile sentimentalismo, diretta e, alcune volte, anche dura. Una rappresentazione dell’omosessualità a cui, in Italia, non siamo abituati, dove è d’uopo utilizzare una omonormatività rassicurante. A questo coraggio – anche se parziale, mitigato da alcuni velamenti – si unisce anche la volontà di portare alla luce una situazione storica difficile da accettare – quella inerente a una legge che solo nel 1969 venne commutata a “casi qualificati” e che venne abolita solo dopo la riunificazione tedesca nel 1994. Per tali ragioni, non si può non apprezzarne lo sforzo, sia produttivo oltre che realizzativo. Il risultato è decisamente più che buono. Di Renato S.

Questa pellicola ha i sotto titoli già incorporati di default, pertanto per permetterne un corretta visione, viene rilasciata in un unico file, in formato .mkv Si consiglia la visione della pellicola su lettori multimediali come VLC.

Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Franz Rogowski e Georg Friedrich

Franz Rogowski e Anton von Lucke

Una scena di Great Freedom

Thomas Prenn e Franz Rogowski

Il trailer del film Great Freedom

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Lilting (U.K. 2014)

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Primo film di questo nuovo anno 20-23, per cui auguriamo Buon Anno a tutti Voi dallo staff di Caprenne!

Film caratterizzato da una stupenda interpretazione di un bravissimo Ben Whishaw, come primo film dell’anno Vi proponiamo Lilting. Uscito nel 2014, il film è girato quasi interamente in interni, e gioca su un continuo alternarsi di “passato e presente”. Presentato  a Siviglia questo film del regista britannico Hong Khaou ci presenta shock culturale, incomunicabilità e dolore, l’autoaccettazione, il coming out, ma lo fa con garbo e poesia, senza eccedere. Un film molto delicato, da assaporare con calma. Molto bella la fotografia, anche se in realtà il film è quasi interamente girato in interni, e potrebbe essere tranquillamente recitato in un teatro. 

Cast del film Lilting

Pei-Pei Cheng è Junn Cheng Pei Pei

Ben Whishaw è Richard

Andrew Leung è Kai

Regia Hong Khaou

Qui sopra la locandina di LILTING

Lilting mette in mostra quanto difficile possa essere la comunicazione tra due sconosciuti, quando esistono dei segreti a lungo custoditi che hanno eretto un muro invalicabile tra di loro: sono Junn (Pei-pei Cheng), una donna che parla solo cinese e ha appena perso suo figlio Kai (Andrew Leung) in un incidente fatale, e Richard (Ben Whishaw), amante segreto di quest’ultimo. Richard ingaggia un traduttore per comunicare con Junn,  ma l’approccio risulterà più difficile di quanto lui  pensasse all’inizio, soprattutto fino a che l’orientamento sessuale del defunto rimane un oggetto nascosto alla madre e tabù. La scenografia – delicata, armoniosa e modesta – dice molto dei personaggi, l’azione si svolge tra la casa di cura dove vive la madre cinese di Kai, Junn e l’appartamento dove suo figlio divideva il letto con un ragazzo inglese, Richard. Visto all’edizione del Gender Bender 2014, è un film che mi colpì molto per la delicatezza con cui vengono trattati argomenti delicati, come affrontare un grave lutto, interagire con una persona sconosciuta, cercare di rendere felice una persona per l’immenso amore che si nutre per un’altra. Lilting ha ottenuto 4 premi e 7 nominations. (Sauro)

Novità. Questa pellicola ha dei sotto titoli già incorporati di default, pertanto per permetterne un corretta visione, viene rilasciata in un unico file, in formato .mp4, con i nostri sotto titoli già incorporati (hardcoded). Può essere visualizzato con qualsiasi lettore, incluso Windows Media Player, oltre al classico VLC, e su qualsiasi televisore.

Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte ed altro scrivete a enrico8@virgilio.it) Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Un primo piano di Ben Whishaw (Richard)

Un primo piano di Andrew Leung (Kai)

L’attrice Pei-Pei Cheng (Junn Cheng Pei Pei) la madre di Kai

Una scena del film che ritrae Junn con Richard nella loro ricerca di un dialogo

Il trailer del film Lilting

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In from the side (U.K. 2022)

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Abbiamo pensato di farVi un “regalo di Natale”: Vi presentiamo la pellicola di Matt Carter,  In From The Side. Ultima pellicola di questo anno 2022.  Un film realizzato, pensate un po’, con il modello del crowdfunding, ovvero con una raccolta fondi. Protagonisti sono Mark, il bellissimo  Alexander Lincoln,  l’affascinante Warren, interpretato da Alexander King, ed il rugby.. La storia se vogliamo, è banale. Mark e Warren giocano in due squadre di rugby gay. Una è la squadra di serie A. L’altra di serie B. I due si incontrano durante una delle serate post partita, e si piacciono. Ma sono entrambi fidanzati. Un classico caso di tradimento. I due iniziano così, in camuffa, una relazione adultera, senza far trapelare nulla ai loro partner, né alla loro squadra. Diventerà complicato per i due gestire la situazione, e le loro vicende vi terranno con il fiato sospeso fino all’ultimo. 

In From the Side ci offre uno spaccato del mondo del rugby visto dal punto di vista gay, dove vediamo forza, bellezza, anche la violenza, del rugby, contrapposto all’affetto che c’è all’interno della squadra, dove alcuni, lo dicono chiaramente, si sentono “in famiglia”.  Stanchezza, sudore e fango si fondono con la passione degli innamorati e con i problemi personali e di spogliatoio. Il film ve lo proponiamo in questo periodo delle feste di Natale, sia perché secondo noi il film merita, e poi perché contiene scene tipicamente natalizie. Insomma, un film ideale per la magia del Natale che sta per arrivare. Il film è stato presentato in apertura al Lovers Festival di Torino di quest’anno,  ha ottenuto due premi ed una nomination (Fonte: IMDb).

La pellicola viene rilasciata in un unico file, in formato .mkv con i sotto titoli già incorporati. La pellicola è in fondo all’articolo. Si consiglia la visione con il player VLC. (Per ogni chiarimento, dubbi, domande ed altro scrivete a enrico8@virgilio.it). Grazie a Carlo per la revisione dei sotto titoli! 😉 Auguri di Buon Natale, Buone Feste e Buona Fine e Buon Principio a tutti quanti Voi dal Gruppo del Blog di Caprenne!

Cast del film

Alexander Lincoln è Mark Newton
Alexander King è Warren Hunt
William Hearle è Henry Michaels
Alex Hammond è Richard
Pearse Egan è Pinky
Christopher Sherwood è Jimmy
Chris Garner è Stuart
Christopher Sherwood è Jimmy

Regia di Matt Carter

I due protagonisti del film, Mark, interpretato da Alexander Lincoln, e Warren, interpretato da Alexander King, in un momento di tenerezza…..

La squadra di rugby di Mark Newton

Alexander Lincoln, interpreta Mark Newton

Alexander King, interpreta Warren Hunt

Il trailer del film In From The Side

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