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Distant voices, still lives è un film britannico del 1988 diretto e scritto da Terence Davies . Evoca la vita di una famiglia della classe operaia a Liverpool durante gli anni ’40 e inizio anni ’50, ma è anche una semi-autobiografia del regista. Terence Davies è notoriamente omosessuale ma ha espresso costantemente disagio per la sua sessualità (“Ho sempre avuto la più grande difficoltà ad accettare di essere gay”, ha così dichiarato), essendo cresciuto durante un’era particolarmente oppressiva nella storia britannica. Negli anni ’50 il governo stava ancora reprimendo gli uomini sospettati di omosessualità (si pensi al caso di Alan Turing), e alcuni personaggi famosi come il politico Lord Montagu e l’attore John Gielgud finirono arrestati, confermando nelle famiglie proletarie quali quella di Davies il concetto della omosessualità come corruzione e depravazione. È per questo che il personaggio del film che rappresenta il regista (Tony, interpretato da Dean Williams), tiene lontano da sé ogni sospetto di omosessualità mascherandosi in un curriculum di normalità. A Davies, passato il periodo quasi felice dell’infanzia, la vita sembra che abbia riservato solo giorni di dolore: “La mia adolescenza ed i miei vent’anni sono stati tra i più disgraziati della mia vita, la vera disperazione. La disperazione è peggio di qualsiasi dolore.”

Davies era il più giovane di dieci figli, durante il cosiddetto baby boom, nato in una famiglia cattolica della classe operaia nella Liverpool del dopoguerra. Suo padre è morto quando aveva solo sei anni e mezzo, ma i ricordi di lui come un uomo potente, prepotente e violento sono vividi e, insieme all’amore e al sostegno della madre, formano l’elemento portante di Distant voices, still lives.
Il film è composto da due film separati, girati a due anni di distanza, ma con lo stesso cast e la stessa troupe. La prima sezione, “Voci lontane”, racconta i primi anni di vita di una famiglia cattolica della classe operaia che vive sotto un padre prepotente. La seconda sezione, “Ancora presenti”, vede i bambini cresciuti emergere nella Gran Bretagna degli anni ’50, a pochi anni dal rock and roll e dai Beatles , ma in qualche ancora lontani nel ricordo.
Il meccanismo della memoria viene attivato da Davies attraverso l’uso del canto a cappella: cantano tutti, canzoni leggere, popolari o sacre, fino al song sui titoli di chiusura “O Waly, Waly” di Benjamin Britten, al pianoforte con il tenore Peter Pears, meravigliosa chiusa per un film indimenticabile.
Per chi è interessato si trova qui l’elenco completo della canzoni.
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