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Elephant – Slon (Polonia 2022 )

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Provate per un momento ad immaginare di trovarvi in Polonia, uno dei paesi più omofobi che ci siano in Europa,nel sud della Polonia,nelle montagne ai confini con la Slovacchia. Ecco, Elephant (Slon in polacco) è ambientato in quella remota zona, in un villaggio rurale, e ritrae una piccola comunità e alcuni personaggi che la abitano, descrive relazioni, conflitti, ipocrisie, complicità. Il film è ispirato alle esperienze vissute da Kamil Krawczycki, il regista, nella sua città natale, tra le montagne della Polonia meridionale, e ci racconta una crescita, una presa di coscienza, una rivalsa. “Volevo ritrarre un personaggio vulnerabile e forte allo stesso tempo. So che molte persone queer in Polonia possono immedesimarsi in questo personaggio. Raccontando questa storia, ho voluto rendere loro omaggio e dare un po’ di speranza, di cui la Polonia ha bisogno in questo momento”.

                                                                              Sopra la locandina del film

I protagonisti del film sono Bartek e Dawid, e la bellissima natura che li circonda. Sotto un certo aspetto ci può ricordare, alla lontana ovviamente e facendo le debite comparazioni, Brokeback Mountain. Jan Hrynkiewicz interpreta il giovane Bartek, che gestisce un piccolo allevamento di cavalli in montagna, da cui però fatica a trarre sostentamento, e arrotonda lavorando la sera in un pub. Bartek si prende doverosamente cura della madre possessiva, depressa e ingrata (Ewa Skibinska), abbandonato dalla sorella Daria (Wiktoria Filus) espatriata in Norvegia per amore di un uomo che non vedremo. Pawel Tomaszewski invece è Dawid, un musicista. La vita scorre tranquilla in questo ambiente isolato e apparentemente fuori dal tempo. Ma un evento traumatico riporta al paesello Dawid. Bartek ben presto rimane affascinato dalla sua persona, da questo musicista, sicuro di se, che viene da un mondo a lui lontano, e se ne innamora. Bartek non esprime la sua persona, il suo essere omosessuale. Dawid invece è già risolto, non ha problemi, tutti sanno di lui in paese. E’ proprio questo il motivo che lo spinse ad andarsene. La loro frequentazione, da semplici cavalcate in mezzo alla natura, diventa sempre più stretta, e viene presto notata. Una sera Dawid porta Bartek in un locale lgbtq in città, dove rimangono fino all’alba e dove Bartek vede e prende contatto per la prima volta con un mondo che non conosceva di persona. L’ostilità verso di loro inizia a circolare, e ad esprimersi con una violenza, che da verbale diventa fisica. Bisogna saper reagire, trovare aiuto in chi ti vuole bene e non giudica le tue scelte di vita. Elephant è un film semplice,diretto. Tema dominante è il pregiudizio e l’omofobia, ma anche l’amore, quello con la A maiuscola. Bartek verrà messo alle strette. Si troverà a dover scegliere tra l’amore e la libertà, da un lato, e i suoi obblighi familiari, la sua fattoria in cui tanto credeva, la sua adorata montagna, dall’altro. Danuta (Ewa Kolasinska), la simpatica vicina di mezza età di Bartek, sembra sapere tutto di lui e di Dawid, come apparentemente tutti gli altri abitanti del villaggio. Lo chiama elefante, con una metafora che Bartek sembra non comprendere, per esprimere una “diversità” riferita all’ambiente in cui Bartek si ritrova, gli dice di darsi da fare e gli regala un modellino di elefante da portare via. Una sorta di portafortuna, evidentemente. Preminente è la figura “femminile”, in questo film : la mamma di Bartek, la sorella di Bartek, la simpatica vicina di casa, Danuta (Ewa Kolasinska). La figura maschile ci viene presentata come assente, nelle figure del marito della sorella, del padre di Bartek, fuggito, oppure di un fallito, come il padre di Dawid. Recensito da Dino Sauro Stupazzoni.

Il Cast di Slon – Elephant 

Jan Hrynkiewicz è Bartek

Pawel Tomaszewski è Dawid

Ewa Skibinska è la mamma di Bartek

Ewa Kolasinska è Danuta

Wiktoria Filus è Daria sorella di Bartek

Regia : Kamil Krawczycki                   

Questa pellicola ha dei sotto titoli hard coded – sovra impressi, viene rilasciata in un unico file in formato .mp4, e può essere visualizzato su qualsiasi lettore.  Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

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Lonesome (Australia 2022 )

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                                                       L’Odissea sessuale di un cowboy gay d’Australia.

Primo film in Concorso nella sezione lungometraggi della trentasettesima edizione del Lovers Film Festival con Lonesome di Craig Boreham, qui anche sceneggiatore di un’autentica Odissea sessuale e sentimentale nel cuore dell’Australia.

la locandina del film

                                                                              Sopra la locandina del film

Protagonista è Casey, interpretato dall’inquietante e fascinoso Josh Lavery, cowboy solitario e taciturno, ragazzo di campagna in fuga da uno scandalo e dai propri omofobi genitori che sogna di vedere l’oceano prima di morire. Parte così con uno zainetto sulla spalla e un cappellaccio alla Spaghetti Western verso un’irriconoscibile Sydney, nel senso che non si riconosce niente che faccia capire di essere a Sydney, seminando incontri sessuali con perfetti sconosciuti lungo il proprio cammino. Ogni occasione è buona per far sesso, per sgraffignare denaro, cibo o bevande, per svuotarsi e appagare una fame sessuale che parrebbe non conoscere mai la parola fine. Arrivato in città incontra Tib, grazie a Grindr. Un menage-a-trois con un altro sconosciuto che si trasforma presto in altro, perché Tib e Casey, anime perdute segnate dalla violenza paterna, dalla mancanza materna e dalla solitudine sentimentale, sono affini. Entrambi troveranno qualcosa che stavano inconsciamente cercando, ma che nessuno dei due saprà come gestire, perché mai fino a quel momento avevano toccato con mano l’amore, o un qualcosa che non fosse solo e soltanto attrazione fisica e animale. Lonesome esplora la sessualità casuale, l’affetto, sarebbe meglio dire “la mancanza di affettuosità”, la solitudine e l’isolamento in un mondo che non è mai stato così connesso, grazie al web, agli smartphone perennemente collegati l’uno all’altro, ad app che ci permettono di conoscere chiunque in qualsiasi momento. Il film di Craig Boreham è un titolo queer vecchio stampo, che non ha timore di mostrare nudità ad ampio raggio e scene di sesso gay. Non solo esplicite, ma anche piuttosto dure, non adatte ad un pubblico delicato. Il bellissimo Josh Lavery è un giovane segnato dalla solitudine e dal dolore affettivo, convinto che solo attraverso il sesso e l’umiliazione personale possa espiare i propri peccati e placare i suoi sensi di colpa. Il suo Casey, così silenzioso e bisognoso d’affetto, cede così ad un perverso viaggio nell’Inferno della Carne che lo vede prima soffrire e all’infine illudersi, che qualcosa di diverso sia in realtà possibile. L’incontro con Tib, a sua volta ossessionato dal sesso mordi e fuggi, è da questo punto di vista un luogo da cui poter potenzialmente ripartire, ma non senza aver prima raschiato il cosiddetto “fondo del barile”. Una relazione tumultuosa, e apparentemente ingestibile, quella tra i due ragazzi, coraggiosi nell’affidarsi all’audacia del regista e sceneggiatore, affiancato dall’amico e collaboratore Dean Francis alla fotografia. Il film ha delle tonalità di colore molto calcate, un alto livello di saturazione, a tratti quasi fastidioso. Il cowboy pennellato da Craig Boreham omaggia chiaramente un cult anni ’60 di Andy Warhol, Lonesome Cowboys, catapultato in una società perennemente connessa e puntualmente isolata, in cui a far paura è la l’eccezionalità di un sentimento a lungo sempre più creduto illusorio. La bellezza di Lavery, così rude, grezzo nei modi e al tempo stesso dolce nello sguardo, illumina un’opera che arde nella fotografia e nella tensione sessuale che travolge i protagonisti, intrepidamente estremizzati nelle loro esplicite debolezze, nelle ricercate perversioni, nei lati di un carattere quasi ripulsivo, prima di cedere gli ormeggi e venirsi finalmente incontro. Ringrazio per l’aiuto con i sotto titoli Margherita. Buona visione. Dino Sauro Stupazzoni.

Questa pellicola ha dei sotto titoli già incorporati di default, viene rilasciata in un unico file in formato .MKV. Si consiglia la sua visualizzazione con il player universale VLC. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

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Il Signore delle Formiche (Italia – 2022)

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Recensione di Dino Sauro Stupazzoni

Sopra la locandina del film

Uno spaccato della storia italiana. 

Oggi pubblichiamo la recensione un film che era in concorso alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’anno scorso.

La lentezza. Il film è lento, forse perché vuole riprodurre la lentezza di quel periodo storico, rispetto alla frenesia del mondo di oggi, del 2023. O forse per meglio rappresentare le personalità dei protagonisti.

I personaggi. Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti. Il Braibanti è un personaggio egocentrico pieno di se, dispotico,  il classico intellettualoide di sinistra. Ex dirigente del PCI, il grande partito operaio, ex partigiano, omosessuale dichiarato, in un mondo dove la parola non viene spesso nemmeno pronunciata. Leonardo Maltese è Ettore Tagliaferri : una rivelazione. Bravissimo. Convincente. Commovente. E’ la vera vittima di questa che è una storia vera, in realtà Giovanni Sanfratello. Rapito dalla famiglia, viene rinchiuso in manicomio e ripetutamente sottoposto ad elettrochoc, fino a renderlo mezzo invalido. Ad empatizzare con lui, con Ettore, c’è da stare male. Elio Germano, interpreta il giornalista Ennio Scribani, è il personaggio che mi è piaciuto di più. In realtà è una finzione storica, inserita appositamente dal regista. Giornalista de l’Unità, disincantato, viene incaricato dal direttore di seguire il caso Braibanti. Dapprima titubante, ne farà via via una questione personale, fino a diventerà amico di Aldo. Simbolo di un paese che sta per cambiare, il suo, a quei tempi, era un pensiero di avanguardia, in palese contrasto con il direttore del suo giornale, L’Unità, così come era l’allora PCI. Il caso Pasolini insegna. Inspiegabile un cameo di Emma Bonino, dei tempi attuali, inserito in una scena ambientata ai tempi delle proteste studentesche contro il processo per plagio intentato con il Braibanti.

La famiglia borghese degli anni ’60. Padre invalido e su una sedia a rotelle, completamente assente. Famiglia borghese di livello, a giudicare dalle immagini che ci fornisce il regista, di una casa abbastanza lussuosa, abiti eleganti. Ma fredda. La madre assolutamente odiosa ed algida, in preda ad una furia religiosa e bigotta, non tollera che il figlio Ettore frequenti una persona come il Braibanti. Una persona immorale, afflitto da un vizio che la signora Sanfratello non riesce nemmeno a pronunciare, “o m o  s e s s u a l e”.  Al processo la madre e il fratello sembrano due maschere dell’orrore, una rappresentazione terrena del male dal gran che sono imbruttiti. Altro personaggio squallido il fratello di Ettore, Riccardo Tagliaferri. Respinto e osteggiato dal Braibanti, sembra volersi così vendicare aiutando la madre a rapire il fratello ed a farlo ricoverare in manicomio. Il giornalista Ennio Scribani rimarrà deluso dall’esito del processo, in quanto  egli stesso omosessuale, lo si intende da parecchie scene, anche se non esplicitamente, e sperava fortemente in una assoluzione del Braibanti, attraverso cui vedeva la possibilità di un mondo migliore dove vivere liberi. La condanna invece vanifica tutti i suoi sforzi, fino a farlo precipitare in una profonda depressione. Il film è uno spaccato dell’Italia fine anni ’60. Per ogni chiarimento, dubbio, suggerimenti, proposte, se volete partecipare al progetto ed aiutarci, potete scrivere a : enrico8@virgilio.it Ed infine Vi ricordiamo la nostra pagina Facebook, https://www.facebook.com/people/Sottotitoli-italiani-per-film-e-serie-gay/100063589207670/

Il cast de il Signore delle Formiche

Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti

Elio Germano è Ennio Scribani

Sara Serraiocco è Graziella

Leonardo Maltese è Ettore Tagliaferri

Davide Vecchi è Riccardo Tagliaferri

Regia di Gianni Amelio

Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese in una intensa scena del film

Elio Germano e Luigi Lo Cascio

Una scena del film

Luigi Lo Cascio è Aldo Braibanti in una fase del processo

Elio Germano è il giornalista dell’Unità Ennio Scribani

Il trailer del film Il Signore delle formiche

Tucked (UK 2018)

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Oggi Vi proponiamo Tucked, un film made in UK. Quando la drag queen ottantenne, Jackie Collins, splendidamente interpretato da Derren Nesbitt, a cui è stato diagnosticato un tumore in fase terminale, conosce la giovane collega Faith, interpretato da un altrettanto bravo Jordan Stephens, decide di prenderla sotto la sua ala, ne nasce un’amicizia inaspettata, molto forte, che le aiuterà a conoscere se stesse e ad affrontare paure e dilemmi esistenziali. Un dramma dolce amaro sull’amore, l’amicizia e la perdita con un Derren Nesbitt (attore cult del cinema anni ‘50 e ‘60) in stato di grazia. Alcuni stereotipi vengono distrutti in Tucked, un film britannico che è stato presentato in anteprima mondiale all’Outfest e ha finito per vincere il premio del pubblico e un premio della giuria per il miglior film internazionale. Non vogliamo dire di più su un film per non rovinarvi la trama ed il piacere di vederlo.

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Il film fu uno dei più belli visti al Gender Bender di Bologna edizione 2018. Personalmente è uno dei miei “preferiti”. L’interpretazione che forniscono Derren Nesbitt e Jordan Stephens è ragguardevole e convincente. Il film ha ottenuto ben 8 premi e 5 nominations (Fonte: IMDb).   Novità: da questo rilascio verrà fornito un  video in formato .mkv con i sotto titoli già incorporati, in modo da renderVi più agevole la visione anche attraverso la stragrande maggioranza dei lettori e programmi software in commercio.  Vi rammentiamo che il player per eccellenza per visualizzare i file .MKV è il polifunzionale VLC. Per qualsiasi necessità / domande / suggerimenti potete scrivere a : enrico8@virgilio.it   (By Sauro, 2022 11 15).

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After Louie (USA 2017)

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Oggi Vi presentiamo un film che fu un evento centrale al 31 London LGBT Film Festival, e al Gender Bender 2017.
Si tratta di After Louie, interpretato dagli ottimi Alan Cumming (premiato e dichiarato), Wilson Cruz, e dal  bel Zachary Booth. Il drammaturgo e saggista Larry Kramer lo presenta così: “La mia prima impressione è di non aver mai visto un film gay come questo. E’ un film eccezionale. Il regista Vincent ha catturato aspetti del nostro mondo che non si sono mai visti al cinema, e insieme allo sceneggiatore Anthony hanno scritto qualcosa di veramente sorprendente e meraviglioso. La storia e il tema sono universali e interessano tutte le generazioni. Certamente racconta di persone molto più giovani di me, ma io mi sono ugualmente identificato ed ho sentito quei personaggi, quelle situazioni, quei drammi inerenti alle loro vite, come non dissimili da quello che noi abbiamo attraversato, sia come giovani in cerca d’amore o come anziani che si guardano indietro. E’ un film che avrà risonanza per tutte le generazioni”. Un film intenso, che mette in risalto il contrasto tra il passato, con particolare riferimento a coloro che hanno vissuto i primi anni dell’AIDS, ed i giovani di oggi, che vivono la cosa in maniera completamente diversa. La trama non la riveliamo per non rovinare la suspense.

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Noi speriamo che questo  film vi piacerà quanto è piaciuto a noi, confidiamo in un Vostro riscontro, lasciateci per cortesia un vostro gradito commento.  After Louie ha ottenuto 2 premi e due nominations.  (Fonte: IMDb). By Sauro

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Un rubio – The blonde one (Argentina 2019 )

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Questa settimana proponiamo un film del regista argentino Marco Berger. Per gli amanti del genere queer, il regista argentino, classe 1977 nato a Buenos Aires, è una garanzia. “Un rubio“, fu presentato al Festival di San Sebastian nel 2019 e nello stesso anno alla 34a edizione del Lovers Festival di Torino. Un film essenziale nella fotografia e scenografia, tutto rivolto ad inqudrare i due protagonisti, che sono il padrone di casa Juan, l’attore teatrale e danzatore Alfonso Baròn,  ed il nuovo inquilino Gabriel, detto Gabo, “il biondo” del titolo, interpretato da Gaston Re, già componente della squadra di “Taekwondo” e qui impegnato anche in veste di co-produttore. Gabriel si è trasferito da poco a casa del collega Juan nei sobborghi di Buenos Aires. Juan ospita ogni sera donne diverse ma rivolge a Gabriel sguardi di intesa e sfioramenti fugaci. I due si rendono conto quasi subito di piacersi e la loro relazione, vissuta quasi totalmente all’interno delle mura domestiche, inizia senza grandi titubanze.  Crogiolandosi nello splendore virile dei suoi meravigliosi interpreti maschili, Marco Berger riflette sul desiderio maschile, spingendo la tensione sessuale fino al punto di rottura. Cinema di sguardi e di silenzi, in cui i dialoghi servono soprattutto a suggerire una facciata, oltre che a raccontarci la quotidianità dei personaggi.

Un Rubio ha vinto 3 premi ed ottenuto 4 nominations (Fonte: IMDb). By Sauro

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The Cakemaker (Israele/Germania 2017)

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Questa settimana Vi proponiamo  The Cakemaker, Il Pasticcere. Un film che ci è piaciuto tanto, a chi vi scrive, Sauro, ed al Cineforum Esse Vu. Berlino. Il giovane pasticcere Thomas ha una relazione con Oren, ingegnere israeliano con moglie e figlio in patria. Quando Oren sparisce nel nulla, non gli resta che recarsi a Gerusalemme per capire cosa è successo realmente. Qui, nel tentativo di scoprire la verità, finisce per lavorare come lavapiatti nel caffè gestito da Arat, la moglie di Oren. La quale, una volta scoperto il suo talento per i dolci, lo promuove in cucina. Ma non solo…  Dal punto di vista tematico, anche se le questioni legate alla religione, all’ebraismo, all’omosessualità e alla posizione di un tedesco in Israele sono temi delicati che il film affronta, quello che c’è di realmente sovversivo è il rifiuto di conformarsi agli standard della sessualità: nessuno nel film sembra essere chiaramente omosessuale o eterosessuale, e i protagonisti del film sono in cerca di amore e protezione, tenerezza e intimità, al di là dei ruoli sessuali. Il rifiuto di ridurre l’identità a qualsiasi etichetta tradizionalmente imposta è il vero cuore pulsante di The Cakemaker. Insomma, un film dove il tema centrale è l’Amore.

Il film venne presentato al Lovers Festival di Torino nel corso della edizione del 2018. Uno dei più bei film a carattere “queer” mai visto nel corso di un Festival cinematografico, di una poesia unica, dove l’unico protagonista è l’Amore con la A maiuscola. Qui ci viene fornito dal Cineforum Esse Vu di Bologna. Il film ha ottenuto 13 premi e 29 nominations (Fonte: IMDb). By Sauro.

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La Santa Piccola (Italia, 2021)

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Come anticipato nei commenti da Claudio, il Blog Caprenne  presenta una novità. L’importanza di tenere in piedi un progetto come quello creato con Caprenne è fondamentale per permettere la visione di film a tematica QUEER, altrimenti quasi impossibile per molti di Voi. Operare un lavoro come quello iniziato da Claudio, a cui rivolgiamo i nostri complimenti, comporta un lavoro notevole. Tra ricerca e visione di film. La loro sottotitolazione e revisione. Fino ad arrivare alla parte finale e tangebile: la pubblicazione. Tutto questo è oneroso per una sola persona. Il rischio è di perdere questo prezioso patrimonio. E’ con grande piacere che Vi annunciamo “un rinforzo”, ovvero un piccolo gruppo, che aiuterà ed affiancherà Claudio nell’aggiornare e tenere in vita il suo bellissimo Blog. Lo faremo cercando di tenere fede alla sua linea, ma apportando anche qualche novità. Come quella di recensire film nuovi. Il gruppo è per ora composto da chi Vi sta scrivendo, Sauro, da Claude, Frank e Mauro. Ed ovviamente, Claudio! Per le recensioni invece avremo collaborazioni esterne dal Cineforum Esse Vu di Bologna. Cercheremo di non deluderVi e faremo del nostro meglio. Cominciamo con una novità:  la prima “recensione” operata dal nuovo gruppo. Il film è La Santa Piccola. Il film è disponibile sulla piattaforma  NetfliX. Di seguito le nostre “prime recensioni” 😊

La Santa Piccola. Napoli, Rione Sanità. La povertà. Il disagio. I pratagonisti sono Lino, riccioli biondi, fisico statuario da bronzo di Riace, interpretato da Francesco Pellegrino. Mario, interpretato da Vincenzo Antonucci. La piccola Annaluce, la Santa Piccola, interpretata da Sofia Guastaferro. Ed infine ma non ultima la mamma di Lino e Annaluce, Perla, interpretata da Pina di Gennaro. Perla è esaurita, persa nella sua casa, dove fuma e basta. Lino manda avanti come puà la baracca, con i suoi “lavoretti da quattro soldi”, come in una scena gli rinfaccia la sua mamma. Annaluce. detta Nanù, va a scuola. Un giorno avviene un miracolo. Nanù durante una processione fa risorgere una colomba. Il mito. La sua fama si espande. La casa diventa un pellegrinaggio. La fede non si può spiegare quando si vive la tragedia, la malattia, il dolore. Ci si aggrappa a tutto. Annaluce diventa la Santa Piccola. Le storie cominciano a scorrere parallele, tra il divenire della santità di Nanù, e i due amici “fraterni”, Lino e Mario. Ma Mario prende consapevolezza, giorno dopo giorno, che il sentimento che lo lega a Nino non è più soltanto l’amicizia fisica tra “napoletani”, fatta di abbracci, bacetti sui capelli, ma è diventato qualcosa di molto più grande. Lino si è innamorato del suo migliore amico Lino. Struggente la scena di sesso a tre, dove Lino e Mario fanno sesso, a pagamento, con una ricca signora della borghesia bene napoletana. Dove lino vive un sesso non diretto con il suo amato. Soltanto chi ha provato l’innamoramento non ricambiato per un’altra persona può profondamente provare empatia per Mario. Ma non sappiamo se  Lino effettivamente respinga o ricambi l’amore di Mario. Probabilmente no, ma non è scontato. Il finale è aperto.  (Sauro)

Credo che il bello del film sia l’equilibrio ed l’eterno dualismo tra sacro e profano. Da una parte la Fede, la Santità e spiritualità, dall’altra la sensualità e sessualità dei protagonisti maschili. Il film è piacevole perché è fatto di immagini/quadri che mettono in mostra più che dire. La critica alla religione quando diventa mercificazione della fede (con la mamma e il prete che “vendono” la piccola Santa). Ma anche la bella scena di sesso a 3; fatta non tanto per mostrare corpi nudi, ma per far capire attraverso gli sguardi dei 2 ragazzi il non detto ( il desiderio di Mario per l’amico e dall’altra perdita e sofferenza di Lino perché non più pilastro della famiglia). Credo che sia un film pieno di sensualità, mostra una Napoli povera, ma piena di quella malizia che conosco bene. I personaggi in un certo modo sono tutti prigionieri di qualcosa: di un rione dal quale vogliono fuggire, da una vita vuota, dal Culto, dal ruolo di cardine famigliare, dall’orientamento sessuale. Alla fine per chi si accetta per quello che è, e non per quello che altri si aspettano, sembra esserci una liberazione.  (Fabio)

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Al Berto (Portogallo 2017)

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Proponiamo un film che riscosse un buon consenso nel corso di Torino 2018. Si tratta di una produzione molto dolce, come il paese di produzione del film. Portogallo, estate 1975. Al Berto, venticinquenne poeta bohemien, fa ritorno nella nativa Sines da Bruxelles, dove ha vissuto molti anni lontanto dal suo paese. Il suo intento è di studiare da pittore. Il giovane inizia a frequentare i giovani artisti del luogo ed inizia una relazione sentimentale con uno di essi, João Maria.La sua villa, in cui organizza feste mai viste prima, diviene l’epicentro di un terremoto che sconvolge la quiete del sonnolento paesino: con lui i giovani, che vogliono vivere liberamente, contro di lui l’establishment, che,nonostante il vento di cambiamento che spira dopo la fine della dittatura, non riesce a capire comportamenti che giudica oltraggiosi, facendo storcere il naso ai benpensanti del luogo. Come la relazione tra Al Berto ed il bel João Maria…

Il film venne presentato al Lovers Festival di Torino nel corso della edizione del 2018. Qui ci viene fornito dal Cineforum Esse Vu di Bologna. Il film ha ottenuto 13 premi e 29 nominations (Fonte: IMDb)

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Eastern boys (Francia, 2013)

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Pochi giorni prima dell’aggressione russa all’Ucraina, ho iniziato a sistemare i sottotitoli di Eastern boys, film francese del 2013 dello scrittore e regista Robin Campillo (La classe – 2008, Palma d’Oro a Cannes, L’Atelier – 2017, 120 battiti al minuto – 2017, Grand Prix a Cannes). Nel procedere ho scoperto che dei 3 interpreti principali uno è francese, uno ucraino e uno russo, proprio nel momento in cui è iniziata la guerra di sterminio della Russia nei confronti del popolo ucraino, accrescendo ovviamente di molto l’interesse per questo straordinario film.

Segnalo una interessante intervista al regista (https://filmuforia.com/interview-with-robin-campillo-director-eastern-boys-2013/) che descrive in maniera esauriente il processo di scrittura e realizzazione del film, e anche alcune curiosità: trattandosi di una storia di invasione domestica il regista ha pensato bene di usare per le riprese il proprio appartamento, in modo da vivere da vicino questo tipo di esperienza: “Mi piace la sensazione di essere invaso dai miei personaggi, nel mio film e nel mio spazio”. Gli attori sono talmente bravi che molti a suo tempo hanno pensato che si trattasse di personaggi presi dalla strada, quando invece l’attore che interpreta Marek proviene da una famiglia di attori e recita con grande professionalità.

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